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Quest’anno niente gita. 

Dopo cinque anni di passioni, lezioni in dad, tragedie, snodi, risate e sessioni di trekking a San Pellegrino, ci voleva proprio la gita. E invece, come altre classi, non partiremo. Sarà la burocrazia, i prezzi alti, l’inflazione, il cambio di stagione… non ci importa, il motivo. Ci siamo fossilizzati sull’amarezza del  “ragazzi, la gita non si fa”. 

L’anno scorso ci eravamo proprio divertiti. Quelle 76 ore di pullman, interrotte occasionalmente da un arancino, il cuore scosso dalla Medea a teatro, le serate in camera, stanchi e felicemente impigiamati.

Ci eravamo proprio divertiti.

Beh, non c’è da stupirsi: a una classe che ha fatto ben due foto di fine anno con uno screen alla griglia di meet, basta poco per essere felici. 

Così come lo scorso venerdì, all’ultima ora. Il cielo grigio, la settima ora, e l’imminente fine di Sanremo: insomma, eravamo atterriti.

“Prof, facciamo lezione fuori?”, ha implorato qualcuno sovrappensiero, sonnecchiando.

Poteva essere una delle tante frasi annoiate cadute a vuoto, e invece una voce col timbro del Sole, ci ha risvegliati, “Ma si, raga”. E noi, 18 adulti, a queste parole siamo caduti in un entusiasmo inspiegabile. Un’enfasi da delirio di potere. Poter uscire un’ora. Il venerdì. A 25 metri da scuola. 

Il sogno.

Abbiamo arraffato zaini, libri, buste del pranzo: tutto. E così, il prof C. ha guidato la sua socratica classe di creature speculative verso la Terra Promessa: i gradoni dietro scuola.

Felici come mai, abbiamo fatto lezione. Il venerdì aveva cambiato colore. E pure la prospettiva di non avere più Amadeus a cena, si faceva piano piano meno drammatica.

E allora sorge spontaneo, come insegna il prof, dedurre considerazioni dall’esperienza empirica: eravamo proprio felici. A 25 metri da scuola.

E allora, cos’è la gita? Teatro, Acropoli, aereo, cannoli? Assolutamente.

Ma anche prendere un po’ di pioggia insieme. Leggere, annoiarsi in pullman.  Dare fastidio al vicino che dorme. Fare file interminabili in autogrill. Parlare. Di tutto e tutti. Essere uniti proprio perché divisi ognuno, per un po’, dalla propria incatenante quotidianità. Sospendere momentaneamente i propri problemi perché “ora sono qui col loro”.

Insomma, una gita è questo.

E, forse, per ottenere almeno parte di queste pillole di felicità, Ryanair non è indispensabile. Forse, la gita può essere pure la settima ora del venerdì. 

Sarebbe ipocrita, retorico e un po’ falso dire che non ci dispiace. Resta ovvio che quest’anno più che mai, la gita ci voleva.

Però, nel dispiacere, tra uno snodo che non si collega e i “tre strappi di carta igienica massimo” al secondo piano della nostra sede, un po’ di felicità ce la troviamo da noi.

Abbiamo chi ci ha dato gli strumenti.

Noi speculativi, in gita dentro.

(Ilaria C, VDC, a.s. 2023-24)

Foto di Christo Anestev da Pixabay